Agli albori di questa bella avventura associativa, quando ancora era tutto da creare, una delle attività previste dal progetto era per l’appunto la creazione del nostro “brand”, l’immagine che ci definisse come associazione, evocando gli obiettivi che persegue. Una delle parole più usate in quel periodo era appunto “Logo”. Nella chat di gruppo si susseguivano immagini tipo, che dovevano essere votate tramite sondaggi; si facevano riunioni per migliorare il disegno e ci immaginavamo il logo di MaturaMente stampato su tutti i supporti: cartelloni, borse della spesa, pannelli di legno e metallo. Insomma, sognavamo in grande.
Come è noto, il gruppo di persone che hanno fondato MaturaMente è eterogeneo per genere e per età. Le persone più sagge, che non a caso sono anche quelle che hanno fatto più giri intorno al sole, partecipavano al di
battito con una certa cautela, evitando di esporre o imporre il proprio giudizio sulla questione del “Logo”, quasi fosse un concetto astratto, o un neo-logismo non del tutto ospitale.
Fino a che un giorno, e qui l’epilogo che spiega l’articolo di oggi, Elio fa un tentativo di chiarire a cosa ci stessimo riferendo con la questione del “Logo”. Ci racconta che nella tradizione contadina, il “Logo” era un casottino, una buca, a volte coperta a volte scoperta, posta a un’estremità del campo, dove si andava per espletare i propri bisogni. Una latrina in versione orto, insomma. Immaginateci in quel momento, tutti ammutoliti prima di scoppiare in una grassa risata, di quelle sane, riscoprendo il vero senso della parola “Heritage”, altro neologismo proveniente dall’inglese tanto di moda in ambito culturale europeo. Se l’intergenerazionalità è una parola complicata, non è certo difficile metterla in pratica, ed il risultato è potente.
Ci siamo annichiliti in questa inerzia di conoscenza bulimica, abituati a guardare avanti e mai indietro, ci hanno persuaso che l’immediatezza dell’informazione, il tutto e subito, rapido ed innovativo è buono per noi, peri nostri figli e per il nostro futuro. L’esperienza di fermarsi, asservare, chiedere e soprattutto ascoltare ha un effetto purificante per chi la prova, quasi spirituale, rende ricchi di conoscenza singolare che permette l’identificazione personale.
A tutti i bambini del mondo auguro di avere la fortuna, un giorno, di ascoltare una storia raccontata da una persona più anziana, una storia che racconta di un passato non troppo remoto, che ci ha preceduto e accompagnato e che tutt’oggi ci appartiene.
Ho scelto di non usare il linguaggio di genere in questo testo, perché il rispetto è intrinseco nella cultura che ho raccontato, almeno in quella di Elio.
Lucia